Out of Nowhere
Gressoney La Trinité 2018 Metamorphosis Gressoney La Trinité 2019-2020 Breaks/Kintsugi Gressoney La Trinitè, 2018-2022 |
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Esseri umani e 'natura' alla Franco Angeli Academy, Milano
Il progetto Esseri umani e natura ha come tema centrale la montagna. Nella forma che vedete qui, l’ho incominciato nel 2018 e l’ho finito all’inizio del 2024.
Nella prima parte, Out of Nowhere, rifletto sui tronchi, i ciuffi d'erba, i sassi che popolano il sottobosco, estraendoli dal più ampio contesto ed incorniciandoli con una maschera nera, che non è la loro ombra, ma una forma platonica ideale dalla quale scaturiscono nel corso della storia tutti i singoli oggetti che sono esistiti. Il grigio che circonda il soggetto rappresenta l’infinito.
Nella seconda parte, Metamorfosi, uno dei topos più famosi della letteratura occidentale, mi domando che cosa potrebbe voler dire per noi avere un rapporto più stretto con il mondo naturale, come auspicato da parte del movimento ambinentalista. Resto perplessa di fronte a questa ipotesi. Mi viene in mente che la natura è indifferente a noi, procede seguendo i suoi ritmi ed il suo percorso evolutivo, pur contaminato dal nostro intervento e che, quindi, il desiderio di avere con essa un rapporto più stretto potrebbe dare dei risultati non tanto piacevoli per noi che subiremmo la reazione della natura stessa, che è un’entità impersonale e inconsapevole.
La terza parte, Fratture/Kintsugi, prende atto dei danni che noi abbiamo causato all’ambiente, persino alla montagna, che quando io ero bambina sembrava fortissima e rassicurante, stabile, prevedibile, con le sue nevi eterne e le sue stagioni, e che si dimostra invece fragile come tutto l'ambente in cui viviamo.
Per chiarire cosa cerco di fare in questa terza parte, vorrei aggiungere qualcosa a proposito del linguaggio fotografico.
Mentre nelle prime due parti le immagini sono delle fotografie digitali classiche elaborate con Photoshop e stampate su carta metallic pearl, nella terza ho inciso i file digitali su lastre polimeriche che ho poi inchiostrate e stampate con un torchio classico.
Ho realizzato due versioni della stessa immagine: nella prima ho enfatizzato un punto di frattura, ingrandendolo e sottolineandolo con una groffatura, per comunicare il fatto che anche le montagne sono deboli e fragili, e che noi siamo partecipi di questa distruzione. Nella seconda, cerco di ricostruire quello che è andato distrutto, aggiungendo sulla groffatura dei pezzettini di roccia che incollo, letteralmente, sull'immagine stampata e che mi servono, seguendo la lezione del Kintsugi, a ricucire le ferite di un oggetto che è stato danneggiato, senza pretendere di nascondere gli eventi che lo hanno segnato.
Nella prima parte, Out of Nowhere, rifletto sui tronchi, i ciuffi d'erba, i sassi che popolano il sottobosco, estraendoli dal più ampio contesto ed incorniciandoli con una maschera nera, che non è la loro ombra, ma una forma platonica ideale dalla quale scaturiscono nel corso della storia tutti i singoli oggetti che sono esistiti. Il grigio che circonda il soggetto rappresenta l’infinito.
Nella seconda parte, Metamorfosi, uno dei topos più famosi della letteratura occidentale, mi domando che cosa potrebbe voler dire per noi avere un rapporto più stretto con il mondo naturale, come auspicato da parte del movimento ambinentalista. Resto perplessa di fronte a questa ipotesi. Mi viene in mente che la natura è indifferente a noi, procede seguendo i suoi ritmi ed il suo percorso evolutivo, pur contaminato dal nostro intervento e che, quindi, il desiderio di avere con essa un rapporto più stretto potrebbe dare dei risultati non tanto piacevoli per noi che subiremmo la reazione della natura stessa, che è un’entità impersonale e inconsapevole.
La terza parte, Fratture/Kintsugi, prende atto dei danni che noi abbiamo causato all’ambiente, persino alla montagna, che quando io ero bambina sembrava fortissima e rassicurante, stabile, prevedibile, con le sue nevi eterne e le sue stagioni, e che si dimostra invece fragile come tutto l'ambente in cui viviamo.
Per chiarire cosa cerco di fare in questa terza parte, vorrei aggiungere qualcosa a proposito del linguaggio fotografico.
Mentre nelle prime due parti le immagini sono delle fotografie digitali classiche elaborate con Photoshop e stampate su carta metallic pearl, nella terza ho inciso i file digitali su lastre polimeriche che ho poi inchiostrate e stampate con un torchio classico.
Ho realizzato due versioni della stessa immagine: nella prima ho enfatizzato un punto di frattura, ingrandendolo e sottolineandolo con una groffatura, per comunicare il fatto che anche le montagne sono deboli e fragili, e che noi siamo partecipi di questa distruzione. Nella seconda, cerco di ricostruire quello che è andato distrutto, aggiungendo sulla groffatura dei pezzettini di roccia che incollo, letteralmente, sull'immagine stampata e che mi servono, seguendo la lezione del Kintsugi, a ricucire le ferite di un oggetto che è stato danneggiato, senza pretendere di nascondere gli eventi che lo hanno segnato.